Può un uomo rinascere quando è vecchio?

Si può nascere due volte?

Eugenio era un anziano dallo spirito indomito. Professionista dell’alta borghesia romana, lavoratore instancabile, alla fine della carriera aveva messo da parte un cospicuo patrimonio. Poteva definirsi un uomo realizzato. Ricco ed in salute, aveva condotto una vita molto intensa, nel corso della quale aveva vissuto esperienze d’ogni genere e tanti amori. Aveva anche sofferto molto: la vita è democratica e, non fa distinzioni né sconti a nessuno. Alcune tragedie personali l’avevano segnato profondamente, ma era rimasto un uomo forte e lucido.

A poco più di settant’anni si era ritrovato con un nipote, che adorava più di qualunque altra cosa. In più, aveva alcuni amici, con cui giocava a poker durante la settimana.

Ma nessuno può sapere cosa riserva la vita: spesso un incontro casuale, all’apparenza irrilevante, può far deviare dalla strada intrapresa, che sembra procedere uguale a se stessa all’infinito, senza scossoni. Venne invitato da un uomo di trent’anni ad aderire ad un movimento di anziani, che volevano fare qualcosa di costruttivo per il mondo in cui vivevano. L’invito lasciò Eugenio molto perplesso. Si domandò se un uomo come lui, che aveva vissuto tanto e che era arrivato a un traguardo, potesse rimettersi in gioco e adoperarsi per il prossimo.

“Può un uomo rinascere se è già vecchio?” Si domandò.

Si può tornare a fare qualcosa di utile, a essere rilevanti per gli altri e per la società, quando si è anziani?

Era un po’ incerto, ma sentiva, tuttavia, una spinta ad accettare la sfida.

Decise, così, di seguire il giovane fino a un quartiere, che distava pochi chilometri da casa sua. Per trovare bisogna anzitutto cercare, ne era perfettamente consapevole. Per un uomo ricco e colto scoprire che la risposta alle sue domande si trovava praticamente dietro casa, in un quartiere popolare e periferico della Capitale, conosciuto come Spinaceto – Tor de Cenci, fu una sorpresa notevole. Si sarebbe aspettato di spostarsi in un luogo importante e un po’ aristocratico.

Siamo spesso convinti che le migliori risposte alle nostre domande, il luogo della tanto auspicata felicità debba essere lontano e irraggiungibile, quasi mistico, irreale.

E invece la vita può sorprendere con la semplicità delle grandi soluzioni.

Il luogo, dove erano custodite le risposte alle sue domande, il centro mistico e nascosto agli occhi dei più, che Eugenio, inconsapevolmente cercava, non si trovava nel centro della Città Eterna, ma in un’umile periferia. Seppur molto vicina a casa sua, gli era rimasta sempre molto distante. Come un barato incolmabile, operava una frattura fra le due sponde, e sembrava non permettere a quelli della sponda serena e, apparentemente appagata, di andare dall’altra parte.

Servì l’amicizia speciale con Pina, la prima donna che conobbe in quella comunità, a fargli varcare una frontiera, che credeva invalicabile.

Pina, più giovane di lui, gli insegnò molte cose, ma due furono particolarmente importanti.

Innanzitutto capire come il Vangelo fosse “così importante per le persone”. Una constatazione rivoluzionaria anche per uno che, come lui, era “sempre stato nell’ambito della Chiesa”. Una scoperta che lo fece “innamorare del Vangelo”, per il modo semplice in cui veniva spiegato, ma soprattutto per il modo pieno in cui poteva essere vissuto.

In secondo luogo la scoperta che esisteva una risposta alla domanda: “Si può nascere due volte?”

Pina era una responsabile dell’ambizioso progetto di cura dell’AIDS in Africa, noto con l’acronimo di D.R.E.A.M. (Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition). Con gli anni il progetto era divenuti un protocollo sanitario, che oggi sostiene e salva dalla morte migliaia di donne, uomini e soprattutto bambini.

Dai racconti appassionati di Pina sull’Africa e sul progetto DREAM, Eugenio provò un nuovo moto, un ardore, che nonostante la sua età, lo spinsero a desiderare di recarsi in Africa. Aveva viaggiato tanto e aveva visto tanti luoghi, come era possibile che non avesse mai visitato l’Africa?

Eugenio chiese a Pina, di poterla accompagnare in uno dei suoi viaggi. E fu in quell’occasione che comprese il senso profondo della sua domanda. Seppure la volontà non mancasse, bisognava fare i conti con la debolezza del proprio corpo. Si rese ben presto conto che sostenere un viaggio tale in paesi con strutture sanitarie non all’avanguardia, anzi del tutto precarie, non era praticabile.

Quindi non si poteva fare più nulla una volta diventati “vecchi”?

Fu proprio Eugenio a trovare la risposta alla sua domanda. Doveva trovare un sistema per andare in Africa.

Se lo ripeté un numero così alto di volte da non riuscire più a contarle, e alla fine, la risposta arrivò da una delle “cose” considerate più effimere dalla società dei consumi. Un bene, che non potendosi acquistare, non sembrava aver valore: la preghiera.

Iniziò a pregare ardentemente per l’Africa e si rese conto che ci si recava ogni volta che pensava profondamente ai luoghi, alle persone, ai progetti, alla speranza, senza farsi schiacciare dai limiti della precarietà del proprio corpo.

La risposta l’aveva trovata: un uomo può rinascere se sogna e se prega.

Forse per molti, soprattutto giovani, potrebbe sembrare una scusa, una sublimazione, un comodo ripiego, in pratica la stilizzazione di un uomo per sentirsi ancora utile. Il mondo globalizzato non ammette debolezze: o sei giovane e forte o sei fuori. Eugenio, con la sua vita lunga ha dimostrato l’esatto contrario. Quando si è più deboli si può dimostrare con persuasione di essere rilevanti per il mondo e per il prossimo.

Eugenio, tre giorni alla settimana, nonostante l’età, trovava il modo di recarsi a Trastevere, per supportare il programma DREAM attraverso le sue competenze amministrative, aiutando anche il programma delle adozioni a distanza e, fino all’ultimo, non ha mai smesso di pregare per la sua amata Africa. Negli ultimi anni, quelli più deboli e difficili, ha dimostrato come si può provare a cambiare il mondo con l’impegno personale, anche all’età del meritato il riposo.

Un eroe?

Probabilmente no.

Almeno non un eroe convenzionale, visto che lui, come amava raccontare, non era stato arruolato per la seconda guerra mondiale, a causa di un intervento andato male quando era bambino, intervento che gli aveva lesionato i tendini della mano destra e che, suo “malgrado” e con ‘sommo dispiacere’, non gli aveva permesso di fare il saluto fascista.

Benedetto quell’intervento, che mi ha permesso di non andare in guerra”, ironizzava spesso.

Non era un eroe, ma solo un uomo che non aveva mai smesso di sognare. E, grazie a questa dote aveva dimostrato a tutti come si può nascere due volte.